Cosa accade alla Pubblica amministrazione?
Semplificazione e trasparenza: sono davvero queste le linee guida del Governo in materia di Pubblica Amministrazione?
Ci sia permesso almeno il dissenso visto che il diritto alla difesa viene stravolto con la motivazione di licenziare il furbetto fannullone.
Ogni cittadino e lavoratore vorrebbe servizi pubblici funzionanti, vorrebbe non sottoporsi a file interminabili agli sportelli o a liste di attesa infinite per visite e prestazioni mediche.
Tutti, indistintamente, agognano procedure semplici per il disbrigo di pratiche burocratiche.
Ma le legittime aspirazioni appena descritte non troveranno ascolto nella riforma della Pa.
Di questo siamo assolutamente certi: le liste di attesa saranno ancora più lunghe con il ritorno al blocco quasi totale del turn over de* lavorat*.
E quanto alla trasparenza, possiamo fidarci di un Governo che ai testi dei decreti legge sostituisce gli slides?
Sarebbe come insegnare la storia con i bignami, la letteratura con le citazioni, la filosofia con le massime attinte da qualche sito internet, le scienze con la narrazione di una suora di clausura (non ce ne vogliano le dirette interessate).
Tutto da dimostrare che il passaggio delle funzioni produca risultati apprezzabili.
Nel caso delle Province, ad esempio, constatiamo una situazione caotica con la paralisi di interi servizi; quanto poi alla soppressione della Forestale, chi può pensare che i Carabinieri possano adempiere alle stesse funzioni?
E’ evidente che il Governo stia raccontando delle barzellette ma il dramma è un altro: gli italiani sono facili vittime dei raggiri, hanno creduto per lustri alle narrazioni di Berlusconi e oggi accolgono l’innovatore Renzi come l’uomo della provvidenza.
Nutriamo seri dubbi sulla possibilità di cambiare i contenuti dei testi di legge durante l’iter parlamentare, perché la riforma della Pa si fa a colpi di spot e la vince chi ha dalla sua demagogia, scarsi argomenti e un agnello sacrificale: il dipendente pubblico.
Sul ruolo poi dell’ANCI e degli enti locali abbiamo invece una certezza assoluta: come nel caso delle legge annuali di stabilità scriveranno tomi di note e osservazioni destinate al macero ma alla fine racconteranno di avere trovato ascolto nel Governo plaudendo ai provvedimenti da loro stessi criticati.
A leggere i giornali (primo tra tutti Il Sole 24 Ore a cui riconosciamo il merito di un approfondimento che dimostra quanto la riforma in atto sia funzionale ai dettami confindustriali e non al potenziamento dei servizi al cittadino) si capisce la reale entità dei provvedimenti in atto.
In pochi tuttavia sembrano percepirne la gravità.
Dietro alla responsabilizzazione dei dirigenti nel caso in cui non segnalino la falsa attestazione delle presenze si cela una ragionamento perverso.
Intanto è bene ricordare che la Madia vuole una classe dirigenziale a tempo determinato e ricattabile dagli amministratori e così pone fine a quella parziale divisione tra politica e amministrazione abbozzata negli anni novanta.
Un controllo diretto della politica sulle scelte della macchina amministrativa perchè risponda ai dettami della Troika e ai pareggi di bilancio: questo è l’obiettivo reale da perseguire.
Ma ammesso e con concesso che sia possibile un controllo su ogni dipendente, si capisce che gli intenti sono anche altri: costruire un sistema di controllo repressivo sul lavoro pubblico.
Nessuno di noi ovviamente difende chi timbra e va a casa ma come la mettiamo con i\le dipendenti che per incapacità organizzativa sono sottoinquadrati e sotto utilizzati?
La risposta già esiste: dopo la riscrittura dell’art 4 dello statuto dei lavoratori in materia di videosorveglianza provano a far passare l’idea che una telecamera o un gps siano gli strumenti idonei per rendere produttivi i “fannulloni”.
Sorvegliare, impaurire e punire, sono questi i dettami del Governo.
Non a caso già leggiamo illustri giuslavoristi che riempiono le pagine dei giornali chiedendo l’applicazione delle tutele crescenti nella Pubblica amministrazione in nome di una par condicio tra dipendente pubblico e privato sotto l’egida del jobs act.
I numeri diffusi dalla Ragioneria dello Stato dimostrano che i licenziamenti nella Pubblica amministrazione sono assai più numerosi dei dati diffusi, ma la disinformazione è un’arma strategica per pilotare la opinione pubblica verso la campagna denigratoria contro il lavoro pubblico.
La Magistratura contabile è una Spada di Damocle sulla testa di ogni dipendente pubblico: un errore potrebbe domani tradursi in danno erariale e danno di immagine lasciando impunita la casta politica che produce certi errori con atti, determine e indirizzi.
Anche sulle società partecipate si raccontano storie poco edificanti senza alcuna memoria del recente passato.
Negli anni novanta le partecipate sono servite a vari obiettivi, per esempio costruire aziende con i soldi pubblici e poi lasciarle gestire da management privati e nel contempo sono servite a ricollocare politici trombati nel ruolo di managers.
Per usare uno del luoghi comuni tanto cari al Governo, si butta via il bambino con l’acqua sporca, si cancellano le partecipate che non hanno raggiunto un certo fatturato senza prima appurare la loro utilità e funzionalità.
Sono in pericolo non solo migliaia di posti di lavoro, poiché nel caso delle partecipate è difficile ipotizzare una ricollocazione del personale come avvenuto nel caso delle Province, sulle quali molto sarebbe ancora da scrivere.
Per esempio chi le ha descritte come carrozzoni in perdita ha occultato i dati sulla spesa effettiva delle stesse che era la più bassa della intera pubblica amministrazione.
Dentro il decreto legislativo Madia ci sta poi un’altra verità occultata, ossia la riduzione dei tempi per autorizzare le grandi opere.
A farne le spese ancora una volta sono gli studi sull’impatto ambientale e paesaggistico, un impulso a una gigantesca colata di cemento che devasterà i nostri territori.
Non solo: il presidente del Consiglio domani potrà decidere da solo e di imperio, scavalcando il parere delle singole amministrazioni per quelli che eufemisticamente definiscono opere e insediamenti produttivi prioritari.
La tanto decantata autonomia decisionale dei territori in un colpo solo viene cancellata.
Questa è la semplificazione di Renzi e Madia che andrebbe definita con altro nome: autoritarismo e bonapartismo, l’esatto contrario della democrazia.
La licenziabilità dei\lle dipendenti\e della Pa è già prevista, ma ora si vuole ottenere in 60 e non 120 giorni.
Non una parola però viene spesa sul mancato rinnovamento della Pubblica amministrazione con la possibilità di sostituire solo un dipendente su 4 che vanno in pensione.
Dati alla mano la spesa per la formazione e riqualificazione del personale è ai minimi storici, per una riforma dovrebbe prevedere investimenti e non tagli.
L’accorpamento delle Autorità Portuali e delle Camere di Commercio avviene senza una adeguata informazione di cosa siano oggi le camere.
Del resto , come nel caso delle province, la disinformazione è l’arma migliore per abbindolare l’opinione pubblica.
Nel caso delle autorità portuali chi puo’ dirsi informato di quale siano le competenze delle stesse? Di certo semplificare significa riscrivere i piani regolatori portuali senza alcun vincolo e allo stesso tempo cancellare migliaia di posti di lavoro.
Il decreto sulla trasparenza ha palesato numerose contraddizioni, ma una tra tutte merita di essere segnalata: perchè abbiamo assessori all’urbanistica che occupano questo posto da 10\15 anni?
Le regole che valgono per i dipendenti (spesso aggirati da regolamenti comunali) perchè non debbono valere per i politici?
Nel caso dei managers della sanità servirebbe una riflessione seria a partire dalla distruzione operata in questi anni della sanità pubblica.
Se qualcosa ha fallito non sono le strutture sanitarie pubbliche ma l’idea di gestirle a suon di tagli.
Mai come oggi del resto ospedali e ambulatori ASL sono stati vittime di incuria e di abbandono, a solo vantaggio delle strutture private e del terzo settore che hanno fiutato il business della sanità.
Il salario dei dipendenti pubblici è fermo da sei anni, il ridicolo rinnovo contrattuale (3 euro e 50 centesimi al mese) viene subordinato all’accorpamento dei comparti e alla approvazione dei primi decreti attuativi della Madia, la stessa contrattazione di secondo livello soggetta a tagli a tetti di varia natura.
Il lavoratore pubblico impaurito, malpagato, rassegnato ad essere agnello sacrificabile della Magistratura contabile, il lavoro pubblico senza tutele: sono queste le verità occultate dalla Riforma Madia.
Altro che furbetti e fannulloni…