Dossier ASP: Azienda dis-Servizi alla Persona (in tutta Emilia!)
Dopo i clamorosi casi di Fidenza e Piacenza, che hanno sollevato l’opinione pubblica e che hanno messo in luce i giochi di potere e gli interessi economici sottesi alla commistione fra pubblico e privato nella gestione dei servizi alla persona, ecco che ci si prepara a far naufragare anche i servizi al cittadino del capoluogo di Regione, da sempre fiore all’occhiello del Welfare emiliano-romagnolo e non solo, già in una situazione di grave sofferenza per i tagli alla spesa sociale e l’aumento di situazioni di disagio.
Tutto inizia con la Legge n. 12/2013 di riordino delle forme pubbliche di gestione del sistema dei Servizi Sociali e Socio-sanitari, che prevede l’individuazione di un unico Ente per l’erogazione dei servizi al cittadino, fra i quali l’Azienda dei Servizi alla Persona (ASP) con facoltà, però, anche di:
(Art. 6) “individuare, in ambito distrettuale, una forma pubblica di gestione alternativa a quella dell’ASP, sulla base di motivate ragioni di opportunità e di economicità, comprovata da specifiche valutazioni economiche. […] Nei casi previsti al comma 1, gli enti interessati provvedono all’estinzione delle ASP, con particolare riguardo alle situazioni nelle quali queste versino in condizioni di dissesto finanziario che non ne consentano la prosecuzione delle attività, o risultino prive di idonee dimensioni e di attribuzione di adeguate funzioni e compiti gestionali”.
Nell’ambito di questo quadro normativo, le pubbliche amministrazioni delle principali città emiliano-romagnole hanno progressivamente conferito alle rispettive ASP locali, già esistenti o appositamente istituite, la gestione dei servizi sociali, in ottemperanza alla legge vigente e con l’idea che una gestione imprenditoriale con ricorso al privato sociale potesse abbattere i costi di erogazione dei servizi.
A distanza di pochi anni, nella Regione Emilia-Romagna succede questo…
Nel distretto di FIDENZA l’amministrazione comunale, affidando la gestione dei servizi alla persona ad ASP, ha preventivamente commissionato all’Azienda uno studio di fattibilità nell’ipotesi di internalizzazione o esternalizzazione dei servizi da erogare.
I risultati dello studio evidenziavano come l’internalizzazione completa di gestione ed erogazione dei servizi, attraverso i propri dipendenti senza ricorrere al libero mercato, risultasse la scelta migliore e più razionale, sia dal punto di vista gestionale che da quello economico, nonché, per quanto riguardava la salvaguardia dei diritti dei lavoratori.
Inizialmente l’ASP Distretto di Fidenza ha scelto la strada più logica di seguire le risultanze dello studio, successivamente, in conseguenza di alcuni cambi di maggioranza nei Comuni soci dell’ASP e con le ultime elezioni amministrative, si è completamente invertita la rotta e si è esternalizzato il 59% di servizi prima a gestione diretta dell’Azienda.
Tale scelta ha comportato l’aumento di spesa per i Comuni soci è di 600.000 euro e il deficit di bilancio di circa un milione di euro per l’ASP, unitamente ad un’interrogazione in giunta regionale da parte del consigliere Favia (Gruppo Misto) del 15 luglio 2014 in merito al dissesto economico e alla possibilità di procedere all’estinzione dell’Azienda, come previsto dalla legge, che però avrebbe provocato gravi danni agli operatori e danno erariale per il Comune stesso, nell’eventualità tenuto a ripianare il debito.
L’interrogazione in Giunta Regionale chiedeva chiarimenti in merito a:
“conflitti di interesse in quanto presenti amministratori soci che a vario titolo hanno ingerenze con cooperative che gestiscono insieme all’ASP,
[…] far gestire una medesima struttura da due soggetti contemporaneamente, uno pubblico ed uno privato, causando ad ASP Distretto di Fidenza la perdita di 33 posti accreditati nonché i relativi costi da sostenere,
[…] eventuale estinzione di ASP, anche economicamente sane, ma svuotate di contenuto, per effetto dell’applicazione di delibere di giunte regionale sull’accreditamento, con palesi vizi di legittimità a causa di graduale e progressiva esternalizzazione dei servizi sociali,
[…] ipotesi che le pubbliche amministrazioni siano più attente agli interessi di soggetti privati, le cooperative, che non al pubblico interesse, arrivando a costituire un danno erariale per le stesse amministrazioni pubbliche.”
Queste le parole inequivocabili del Commissario prefettizio del Comune di Sissa Trecasali, Comune anch’esso socio dell’ASP del Distretto di Fidenza, sulla questione:
“Alla luce delle simulazioni proposte peraltro questa amministrazione non può sottacere l’impressione che la scelta delle strutture di volta in volta da internalizzare e da esternalizzare sia avvenuta in funzione della salvaguardia della posizione delle cooperative accreditate e non invece con riguardo agli interessi dell’azienda e dei lavoratori pubblici”.
Problemi anche a Piacenza, dove ASP Città di Piacenza nel 2014 presenta un forte disavanzo di oltre un milione e seicentomila euro ed è notizia recente, aprile 2015, che a fronte del dissesto economico e verifiche contabili legate al forte impiego di cooperative, l’ASP ha approvato una delibera che reinternalizza la gestione dei servizi per anziani in quanto economicamente più sostenibile rispetto all’impiego del privato sociale, come peraltro successo recentemente anche dall’ASP di Faenza.
Ma a Piacenza non è l’unico caso, anche ASP Azalea, operante nel territorio limitrofo per il Distretto di Ponente, presenta sempre nel 2014 un debito di bilancio di circa 800 mila euro. Il consigliere regionale Pollastri denuncia nel luglio 2014:
“La fuoriuscita annunciata di una decina di comuni dei 23 soci della stessa azienda è solo l’ennesima dimostrazione che il modello impostato dall’Emilia-Romagna è quanto meno fallimentale e da rivedere in toto. […] Ma la situazione dell’ASP Azalea è solo una delle tante che si registrano in Emilia-Romagna, sintomo evidente che questo modello non funziona”.
Anche qui un’interrogazione di Giunta Regionale per sapere se:
“Vista la natura strutturale del deficit delle ASP, non si ritenga necessario rivederne l’impianto favorendone il più possibile la privatizzazione e imponendo il pareggio di bilancio da ottenere, però, con risorse interne, non ricorrendo ai Comuni soci e se si intendano impegnare risorse regionali per il ripianamento del debito, così come richiesto in questi giorni dai soci dell’ASP Azalea”.
Nella risposta a questa interrogazione l’ex Assessore alla Sanità Lusenti ricorda che la legge regionale prevede anche forme di gestione dei servizi alternativa a quella dell’ASP, sulla base di motivate ragioni di opportunità e di economicità, comprovata da specifiche valutazioni economiche…
MA A TUTTE QUESTE INTERROGAZIONI, ISTITUZIONALI E NON, CI SARA’ UNA RISPOSTA CONCRETA, VICINA AL CITTADINO E AGLI OPERATORI SOCIALI, OLTRE LE SPECULAZIONI POLITICHE E GLI INTERESSI ECONOMICI?
La stampa è ricca di articoli e notizie, già a partire dal 2010, di altre delle 44 ASP della Regione in forte difficoltà: Ferrara, Ravenna, Parma, Reggio Emilia per citarne solo alcune.
Ora la nostra Amministrazione Comunale si appresta a seguire l’orientamento regionale con progetto di conferire ad ASP Città di Bologna il ruolo di unico soggetto gestore dei Servizi alla persona.
Questo progetto rappresenta l’ennesima esternalizzazione di un servizio fondamentale al cittadino verso un’Azienda con finalità imprenditoriali che lavora con appalti a ribasso, sub-appalti e sub-commitenze. L’ASP Città di Bologna in pochi anni ha già accumulato un drammatico debito di bilancio di milioni di euro, destinato ad aumentare nonostante il piano di rientro.
Chi pagherà per tutto questo? Il Comune potrà ripianare il danno erariale, ma non potrà risarcire i cittadini e gli operatori che dovessero essere danneggiati dalla mancanza di tutele e di Servizi essenziali di assistenza.
ADDENDA: e per gli ultimi irriducibili che (ancora) nutrono speranze sulle magnifiche sorti e progressive del “sistema ASP”, dopo i casi di Piacenza, Vignola, Fidenza, guardate cosa succede a Ferrara in questi giorni:
Asp, lettere choc sulle perdite: “Azienda a rischio di continuità”
Tra le misure urgenti, dismettere il patrimonio per arginare i debiti e il rischio che molti lavoratori debbano restituire parte dei soldi percepiti in questi anni