Jobs Act: l’articolo 18 si applica anche agli statali
La Cassazione chiude definitivamente la querelle apertasi nel 2012 con la legge Fornero: il pubblico impiego non può essere escluso dalla riforma.
Quindi: l’ARTICOLO 18 SI APPLICA ANCHE AGLI STATALI
di Luigi Oliveri
L’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, come riformato a suo tempo dalla legge 92/2012, meglio nota come «legge Fornero» si applica anche ai dipendenti pubblici.
La Corte di cassazione, con sentenza 26 novembre 2015, n. 24157 interviene in modo perentorio nel dibattito aperto esattamente dal 2012 sul tema dell’estensione o meno al lavoro pubblico della riforma dell’articolo 18.
I giudici della Cassazione non hanno nessun dubbio: «È innegabile che il nuovo testo dell’art. 18 della legge n. 300/70, come novellato dall’art. 1 legge n. 92/12, trovi applicazione ratione temporis al licenziamento per cui è processo e ciò a prescindere dalle iniziative normative di armonizzazione previste dalla legge cosiddetta Fornero di cui parla l’impugnata sentenza».
La sentenza chiude decisamente la porta alle teorie secondo le quali, invece, la riforma dell’articolo 18 non interesserebbe il lavoro pubblico. E decide di non accogliere la richiesta del datore di lavoro pubblico ricorrente di sollevare questione di legittimità costituzionale sull’interpretazione secondo cui l’articolo 18 sarebbe da intendere come inapplicabile, nella sua veste riformata, al lavoro pubblico. La Cassazione, infatti, specifica che proprio perché la riforma dell’articolo 18 deve considerarsi esteso al lavoro pubblico, tale conclusione «assorbe la questione di legittimità costituzionale».
Non occorre, dunque, alcuna norma di armonizzazione del lavoro pubblico rispetto a quello privato, per estendere gli effetti della riforma dell’articolo 18 al primo.
Quanto deciso dalla Cassazione si pone in contrasto frontale con le tesi, oggettivamente non basate sull’analisi letterale delle norme, secondo le quali la riforma Fornero avrebbe creato due distinti articoli 18: uno per il lavoro privato, risultante dalla novellazione; l’altro, «virtuale», per i dipendenti pubblici, fermo al testo antecedente alla riforma.
Tesi che non hanno per nulla convinto la Suprema corte, che infatti nella sentenza afferma che «l’inequivocabile tenore dell’art. 51 cpv dlgs n. 165/01 prevede l’applicazione anche al pubblico impiego cosiddetto contrattualizzato della legge n. 300/70 e successive modificazioni ed integrazioni, a prescindere dal numero dei dipendenti».
In effetti, seppur autorevolmente sostenuta da molti esperti di diritto del lavoro, ogni teoria tendente a ritenere che la riforma dell’articolo 18 rimanga riservata alla sola sfera del lavoro privato si scontra frontalmente con l’articolo 51, comma 2, del dlgs 165/2001 che estende automaticamente al pubblico impiego qualsiasi riforma dello Statuto dei lavoratori.
La sentenza indebolisce moltissimo la già da molti discussa teoria fatta propria dal governo secondo cui l’impiego pubblico è fuori dalla riforma dell’articolo 18. Le ragioni espresse dalla Cassazione non possono non investire anche l’ulteriore riforma della disciplina dei licenziamenti disposta con il dlgs 23/2015, posto che al lavoro pubblico si applicano le leggi sul lavoro nell’impresa, e dunque il Jobs Act, come previsto dall’articolo 2, comma 2, sempre del dlgs 165/2001.
Alla luce della sentenza della Cassazione, per apprestare al lavoro pubblico una disciplina speciale, diversa dalle riforme apportate alla disciplina dei licenziamenti, non resta che approvare una previsione normativa che detti in via esplicita una previsione normativa diversa.